C’è una partita che non abbiamo mai finito.
Era sera.
Persisteva nell’aria il solito rumore sordo, quello del pallone.
Un paio di finte e un altro magico tiro:
“Gooaaaaal”
Uno sfottò, due risate, qualche sberletto.
Poi un urlo: era la mamma di uno di noi.
Era l’ultimo giorno d’estate, quello prima della scuola.
Per questo eravamo ancora lì.
Perché volevamo proprio viverlo quell’ultimo giorno.
Il sole però iniziava a scappare e allora andammo anche noi.
Lasciando la partita in bilico:
“La finiremo dai!”
Pallone sotto al braccio e via sulla bici.
L’estate era finita.
Il mattino dopo era già tutto cambiato.
Gli amici, quelli del campetto, tutti in giro per la provincia.
Qualcuno all’istituto aeronautico.
Qualcuno a quello meccanico.
Qualcuno all’alberghiero.
E quindi un po’ ci si perse di vista.
Qualcuno si era già fidanzato e qualcuno aveva già provato le sigarette.
Le compagnie sbagliate e una bocciatura.
L’estate poi tornó, e con lei anche la foga di riprendere quella partita là.
Quegli amici però, buona parte, non c’erano più, persi per altri interessi e altre amicizie.
E se un giorno decidessimo di finirla, quella partita?
Si può anche arrivare al dieci, niente di impegnativo
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